La sinistra ha secolarmente avuto il problema di fare i conti con l’inconciliabilità delle sue tre anime storiche. Quella massimalista – dura e pura – che a un certo punto ammaina le bandiere della purezza e tende a scegliere lo scenario del “tanto peggio tanto meglio”. Quella riformista, che dichiara di essere in grado di migliorare concretamente condizioni di vita e lavoro della gente, sapendo tuttavia che non tutti i contesti in cui essa opera rendono disponibile la soglia minima di risorse per “fare le riforme” così da agire spesso come componente dissimulatoria della realtà. Quella machiavellica che, disponendo di competenze culturali per conoscere i percorsi che tutelano gli interessi generali, diffida di contaminazioni demagogiche e, alla fine, rischia di rifugiarsi in assetti oligarchici.
Queste tre anime si frequentano e si detestano. Sono alla ricerca di alleanze esterne per puntellare il proprio metodo e la propria visione, nel convincimento di egemonizzare gli alleati, passaggio obbligato per conquistare il consenso democratico formale.
Tutte e tre sanno che gli “alleati” nascondono una regia occulta che opera con lo stesso intendimento nei loro riguardi. E tutte quindi sanno che il serpente che le addormenterà e’ nascosto nel cesto che loro – in competizione – cercano disperatamente di conquistare. Coloro che conservano memoria storica hanno conosciuto e riconoscono quell’interlocutore alla Aldo Moro che ne piegherà le velleita’ ma da cui sono intellettualmente attratti.
Alla fine i massimalisti rinunciano a reggere la gara seduttiva. E cominciano ad alzare il loro muro di invettive scagliate contro “il sistema” annunciando a se stessi che l’anima e’ salva e la partita decisiva rimandata.
I riformisti decidono di fidarsi. Vengono lusingati dal compito loro affidato di scrivere il programma, a cui il passaggio delle carte tuttavia toglie anonimamente l’imperiosità dei tempi di esecuzione. Nell’estenuante negoziato sui poteri e sulle competenze danno il meglio ma vengono tenuti lontano dalla cassa.
I machiavellici stanno fermi, aspettando che le altre due anime finiscano la mano. Impassibili, non fanno dichiarazioni e non tentano interdizioni. Impercettibili segni sono lanciati verso il “banco”, verso chi distribuisce le carte allo scopo di assicurare una sponda finale, quando il campo di battaglia si chiude all’essenziale e l’ essenziale viene normato con formule criptiche. Quelle che loro amano, perché pensano che la democrazia sia un bene prezioso che non appartiene ai sempliciotti ma agli iniziati.
Queste tre anime vivono per loro natura sempre e da sempre nelle vicende della politica. E quando la storia suona il campanello delle scelte esse vanno impavidamente insieme alle riunioni. Nei momenti più gravi della storia possono anche abitare temporaneamente all’interno di una stessa persona. Succede. E allora c’è qualcuno che si prende cura di allontanare la vigilanza dei curiosi, con depistaggi giornalistici in forma di lunghe ed evasive interviste in cui la parolina in codice viene percepita solo da vecchi e dimenticati interpreti.
Nessuno streaming riesce a debellare la partita finale. Nella quale il vincitore usa i passi falsi degli altri due competitor a vantaggio del serpente che aspetta il fratricidio per assestare il morso finale.
Questo copione e’ stato scritto nell’età dell’oro della democrazia ateniese, poi riscritto nell’epoca di Polibio per descrivere gli equilibri di potere di Roma alla scoperta del sistema centuriato. I monaci lo hanno copiato di nascosto per duemila anni consegnandone i resti volgari alla prima, alla seconda e poi alla terza e alla quarta Internazionale. Ora lo si trova su Wikipedia ed e’ di dominio pubblico. Ma pochi ne riconoscono il carattere di perpetuità perché il bisogno di nuovismo e’ indomabile.
Sarà che sono uno dei “vecchi e dimenticati interpreti”, ma in questo quinto centenario machiavelliano mi ci trovo proprio bene. Così come mi trovai bene, due anni fa, a celebrare il 150° all’insegna di Cavour. La politica, come ha detto Tony Blair qualche giorno fa, deve dare risposte, non essere depositaria del malessere della gente. Deve appunto mordere. E non tutti i serpenti hanno il morso velenoso.
Non sempre le diverse anime della sinistra sono state dominate dalla logica della contrapposizione estrema, che conduce a una lotta senza esclusione di colpi e alla ricerca di sponde “esterne” per strangolare le componenti diverse dalla propria. La sinistra ha certamente enfatizzato le proprie divisioni interne, talora in modo non conforme ai dati che la realtà proponeva di volta in volta. Se si fa riferimento alla situazione determinatasi nel secondo dopoguerra è difficile cogliere – anche nel Pci – i tratti peculiari del massimalismo proprio di una componente del socialismo italiano del periodo che precedette l’avvento al potere del fascismo. Se volgiamo lo sguardo alla situazione attuale dove si trova il “massimalismo”? Nel Pd? In Sel? Nel M5s? A me pare difficile parlare di massimalismo oggi. Vi possono essere spinte “radicali”, talora venate di irrazionalismo, soprattutto per quanto concerne la svalutazione della democrazia rappresentativa o sulle questioni ambientali, ecc. Ma chi vuole davvero oggi sovvertire le basi stesse della società basata sulla divisione in ceti detentori della ricchezza, del potere, del privilegio e ceti privi persino dei più elementari diritti e anche del diritto a contrattare la propria condizione lavorativa. Un “riformista” del passato inorridirebbe di fronte al nulla in termini di cambiamento nella struttura della società proposto da coloro che si dichiarano “riformisti” oggi o di fronte a molte proposte “radicali” solo verbalmente. Un’ultima considerazione. La sinistra (anche quella radicale), non avendo fiducia in se stessa, affida volentieri ad altri la guida del governo. E’ difficile pensare a Prodi o a Letta come a esponenti di una sinistra europea. Sono esponenti della sinistra democristiana alleata a una sinistra che funge da puro bacino elettorale da cui attingere quel consenso che essi non sarebbero mai in grado di raccogliere autonomamente.
Il morso velenoso viene solo dagli “amici”. Quello di sistema abitualmente tende ad addormentare. Almeno un po’.
Quanto al massimalismo concordo sulla sparizione dell’ideologia demolitoria, ma resta viva – in tante forme, anche minimaliste – la “filosofia” del tanto peggio tanto meglio.
Amabile poetico articolo … ma di metafore, miti, ermeneutica, sogno, era pieno il mio universo psicoanalitico … ora è l’ora per la sinistra di prosa e scritta in termini prosaici ma chiari.
1) Manifesto, la Costituzione, oggi Settis ha ricevuto a Genova il Grifo d’oro” e nell’occasione ha fatto un bellissimo discorso sulla Costituzione, poi Carlo Galli ha scritto un libro dal titolo SINISTRA e nell’ultimo capitolo parla della Costituziopne come riferimento certo. Son almeno due anni che dico che la sinistra deve ripartire dalla Costituzione.
2) percorso, vedasi http://www.circolocalogerocapitini.it/eventi_det.asp?ID=381
3) massa critica del socialismo di sinistra per contribuire alla costituzione del partito della sinistra ecosocialista a partire del prossimo 11 maggio 2013 a Roma.
Un franco dialogante saluto. Luigi Fasce