Fino al 1964 nell’isola d’Ischia vigevano i “privilegi aragonesi”, per cui la competenza sul demanio marittimo era dei Comuni e non dello Stato. Fu quindi più facile, per un gruppo di imprenditori italiani e tedeschi, ottenere dal Comune di Forio una concessione pluriennale per la valorizzazione di un lungo tratto dell’arenile della baia di Citara. Gli stessi imprenditori avevano già acquistato le licenze minerarie a suo tempo concesse alla Safen, una società che era fallita perchè voleva sfruttare l’energia geotermica quando la green economy non era ancora di moda. Fu così possibile alimentare con l’acqua termale una serie di piscine, e nacque un “giardino termale” che fu prototipo di iniziative analoghe – a Casamicciola, a Sant’Angelo, a Lacco Ameno – che hanno indubbiamente arricchito l’offerta turistica dell’isola, e che sono tuttora fiorenti.
Nel frattempo l’isola d’Ischia, dichiarata “inedificabile” fin dal 1942 ai sensi della legge Bottai di quello stesso anno, è stata quasi integralmente cementificata (la superficie a vigneto si è ridotta dei due terzi), mentre a Casamicciola è vincolato il rudere dell’edificio seicentesco del Pio Monte della Misericordia, ed analogo destino è toccato al Castello aragonese.
Come si vede, non sempre affidare allo Stato la tutela dei “beni comuni” funziona. E non sempre serve stracciarsi le vesti quando qualcuno propone di valorizzare le spiagge coinvolgendo i privati.
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